La grande novità della Ratio studiorum rispetto ad una precedente ratio manoscritta redatta dallo stesso Barbarigo la cui stesura si attesta tra il 1669 e il 1678, è da ricercarsi nell’istituzione della scuola superiore, quella che grosso modo corrisponde all’attuale seminario maggiore, la scuola di giurisprudenza, di storia ecclesiastica, di logica e la scuola di lingue orientali (ebraico, arabo, siriaco, turco e persiano).

… e attese per ben 19 anni la tesura definitiva del documento, sempre preoccupato di migliorarlo e di perfezionarlo, attingendo alle nuove esperienze, alle ricerche, agli esperimenti didattici, come in una sorta di “laboratorio” …

È certo che il Barbarigo desiderava un piano di studi definitivo molto prima del 1690, così prese a modello di ispirazione la ratio dei gesuiti, ma sapiente qual era, non si accontentò di una semplice e veloce  rielaborazione, e attese per ben 19 anni la stesura definitiva del documento, sempre preoccupato di migliorarlo e di perfezionarlo, attingendo alle nuove esperienze, alle ricerche, agli esperimenti didattici, come in una sorta di “laboratorio continuamente aperto dal quale ne sarebbe uscito un preziosissimo tesoro”. È altrettanto evidente che il Barbarigo non ha lavorato da solo e neppure si è fidato sulle sole sue esperienze, seppur qualificate e insostituibili, ma si è avvalso dell’ apporto prezioso del prefetto degli studi M. A. Ferrazzi.

Corsi

Le scuole cui fa riferimento la Ratio studiorum del 1690 sono:

  • inferiori o letterarie: grammatica, umanità e retorica;
  • superiori o scientifiche (corrispondenti alle attuali facoltà teologiche): lingue orientali, storia ecclesiastica, storia sacra, giurisprudenza, matematica, logica, filosofia naturale, filosofia morale, teologia scolastica, teologia morale;

A queste si aggiungano una scuola di prosodia e un rinnovato insegnamento della storia civile e della geografia, impartite per un appassionato interessamento del cardinale stesso. Sempre la Ratio studiorum parla di altre tre scuole: calligrafia, canto sacro e catechismo. I contenuti erano supportati anche da intuizioni pedagogiche, tra le quali si nota un’attenta distribuzione delle ore durante la giornata che dava modo di potersi agevolmente applicare in molte faccende. Erano, infatti, previste due ore e mezza di apprendimento il mattino e due il pomeriggio di studio, tre quarti d’ora per la ripetizione.

Per facilitare l’apprendimento delle materie scolastiche la Ratio studiorum consiglia un metodo basato sull’emulazione, non diretta ad uno soltanto dei condiscepoli, come solitamente era abitudine nell’insegnamento del tempo, bensì a tutti gli alunni. Questo permetteva quella sintonia educativa che viene sia dal magister sia dal gruppo degli allievi e compagni di classe. Con secoli di anticipo sulla pedagogia moderna, il Barbarigo già intuiva e attribuiva una valenza educativa alla classe giacché costituita di soggetti che condividono il medesimo cammino e gli stessi ideali. Ciascuno secondo le proprie qualità e risorse può essere esempio-educatore dell’altro, in quella che noi diremmo oggi una “piccola comunità” (classe) nella più grande comunità del seminario. Tutto questo serviva, e serve tutt’oggi, a trarre vantaggio dall’applicazione e dalla diligenza altrui, come stimolo al proprio rendimento e alla propria crescita, non esclusivamente per il solo ambito della formazione intellettuale.

Fin dalle scuole di umanità raccomandava lo studio del latino, a proposito del quale il Barbarigo era molto esigente. L’approccio alla lingua greca doveva essere fatto con passione e nessuno ne poteva essere dispensato. La Ratio dei gesuiti con riferimento a tale disciplina procurava agli allievi lo studio dei classici, in particolare delle favole di Esopo; la novità introdotta dal cardinale consiste nell’attenzione all’unico fine di tale esercitazione: la conoscenza e la familiarità con la lingua del Nuovo Testamento.

La scuola di retorica secondo Barbarigo aveva di mira la riforma della “viziosa eloquenza”, di quello stile tipicamente settecentesco scaduto nella ricerca di un pedante ed esteriore formalismo: il gusto della forma non doveva essere altro che il più degno ornamento di un contenuto vissuto e assimilato come virtù dallo stesso studente. Non desiderava che si insistesse troppo sullo studio mnemonico, prediligeva piuttosto l’introspezione, la capacità di rielaborazione e di formulazione di un proprio pensiero.

Lo studio delle lingue orientali (ebraico, siriaco, caldeo, arabo, turco e persiano) è un’innovazione introdotta dallo stesso Barbarigo, si ricordi che la ratio dei gesuiti la farà propria solo nel 1832. L’accostamento di dette discipline aveva come obiettivo non solo una comprensione più chiara della scrittura con la possibilità di accostare gli scritti dei rabbini, ma il Barbarigo intendeva anche formare sacerdoti colti e bene addottrinati per portare la fede cattolica nelle regioni dell’oriente cristiano. La metodologia? In un solo trimestre si doveva esaurire tutta la grammatica per passare il più presto possibile all’esercitazione. Mons. Claudio Bellinati nel suo volume, la pedagogia del Card. Gregorio Barbarigo, ci dà notizia di alcune concertationes che gli studenti dovevano tenere in ebraico alla presenza di tutti gli alunni: dispute che venivano ripetute immediatamente in lingua arabica, dagli stessi scolari. Sembra impossibile che si potesse arrivare a tanto, e il segreto di tanta efficacia, rileva sempre Mons. Bellinati, si parrebbe poterlo trarre proprio dalle ultime ammonizioni della Ratio: «Ita repetendo, explicando, componendo, scribendo, disputando, impedet (praeceptor), ut peregrinitas linguae sua industria leniatur, ac veluti civitate et seminario per eum donetur». (Così ripetendo, esplicando, componendo, scrivendo, disputando, il precettore impedisce che la mobilità della lingua sia arginata dalla propria capacità, e per così dire sia donata attraverso lui al popolo e al seminario).

Il programma della scuola di storia sacra doveva abbracciare il periodo che va dalla creazione del mondo fino alla vita di Gesù Cristo. Mancavano generalmente i manuali, che precettori e scolari dovettero crearsi da sé. Nella scuola di teologia raccomandava si seguisse soltanto l’insegnamento di San Tommaso al quale il Barbarigo era affezionatissimo, al punto che nelle sue conversazioni lo citava di frequente articolo per articolo.

Il Barbarigo introdusse nel seminario nuove discipline. La scuola di giurisprudenza che attraverso lo studio del diritto doveva fornire ottimi canonisti e legisperiti, futuri docenti certamente, ma soprattutto consulenti a servizio della chiesa patavina. Le sue spirituali esigenze di concretezza e umanesimo integrale spinsero il cardinale vescovo di Padova a creare la scuola di storia ecclesiastica, della quale mancavano perfino i testi. Desiderava che risplendesse nitida la verità: «noi cerchiamo la verità senza preoccupazione alcuna», pensava pure di produrre una specie di enciclopedia ecclesiastica, che raccogliesse il meglio di tutti quegli autori che avevano scritto sulla storia della chiesa. Alla nuova scuola di logica il Barbarigo guardava con particolare attenzione, essa doveva dare l’intonazione, il modo di procedere a tutte le altre discipline: bisognava insegnare a ragionare a questi ragazzi.

Esami

Gli esami duravano quindici giorni nei mesi di marzo e di luglio, durante i quali il Barbarigo sosteneva personalmente l’impegno dell’assistenza, allo scopo di verificare di persona sia il profitto degli scolari sia l’insegnamento dei singoli docenti.