È il cardinale Pio Laghi in un discorso tenuto a Padova, il 17 settembre 1997, in occasione della commemorazione del terzo anniversario della morte del Barbarigo, a delineare con precisione il modello di prete cui fanno riferimento in particolare le regole e la Ratio studiorum. Pio Laghi parla di un modello che definisce “pastorale”. Grande ispiratore di questa corrente è S. Agostino d’Ippona, egli riuscì in un’invidiabile sintesi tra vita spirituale attiva nel ministero e vita contemplativa. Nella visione agostiniana il servizio pastorale, scrive il cardinale Pio Laghi «è assunto come categoria sintetica del ministero del prete», dove il ministero è quella “chiave di volta” integrante tutti le dimensioni della vita presbiterale ed in particolare la vita di preghiera e contemplativa.
Continua il cardinale Pio Laghi, precisando che detto modello entrò nel Concilio Vaticano I, accompagnò il cammino del Vaticano II, fino a trovare una particolare e felice espressione proprio nell’esortazione apostolica postsinodale Pastores dabo vobis, nella quale, al numero 23, leggiamo «il principio interiore, la virtù che anima e guida la vita spirituale del presbitero in quanto configurato a Cristo capo e pastore è la carità pastorale».
«Mi pare, allora, di poter dire che San Gregorio ha precorso i tempi, tracciando per i suoi preti un itinerario formativo che trova il suo elemento sintetico nella preoccupazione per la cura del gregge» queste le parole eloquenti del Cardinale Pio Laghi che rilevano come, nella visione del Barbarigo, il chiamato al presbiterato debba fare del suo servizio pastorale il proprio principale interesse di vita.
Desideriamo allora gustare le parole stesse che il santo Barbarigo rivolse nella prima lettera pastorale indirizzata al clero e ai fedeli di Bergamo
«…e per compendiare tutte queste cose in una parola, che tutte le riassuma: vi ameremo. Infatti, caratteristica del buon pastore è la carità; anima e sola difesa del gregge è unicamente l’amore […], verremo a voi nella carità […]. vi porteremo in grembo, nel cuore, negli occhi. Vi pasceremo nelle nostre viscere, nei pascoli immensi e ubertosissimi dell’amore e della carità».