Dopo la chiusura del Seminario minore, anche la pastorale vocazionale diocesana rivolta a questa fascia di età sta cercando di trovare nuovi equilibri e nuove dinamiche, visto il cambio di contesto che questo ha comportato.

Innanzitutto credo ci aiuti spendere una parola su cosa significhi fare pastorale vocazionale a quest’età. Sempre di più l’adolescenza è un periodo lontano dalle grandi scelte: difficilmente alla fine del percorso di studi delle scuole superiori un ragazzo si troverà di fronte a quelle scelte che lo porteranno a piantare radici e trovare una stabilità nella sua vita. Una buona parte continuerà gli studi all’università, prolungando il proprio tempo di formazione di qualche altro anno. Anche chi si affaccia al mondo del lavoro, difficilmente avrà una stabilità ed un reddito tale da permettergli una stabilità economica e delle scelte a lunga prospettiva. E più in generale il clima culturale nel quale siamo immersi porta i ragazzi a darsi tempo, prima di fare scelte definitive, se non addirittura a rifiutare l’idea stessa di scelta definitiva. In questo contesto, rispetto a quest’età, allora, fare pastorale vocazionale ha sempre meno il sapore di un accompagnamento a ridosso delle scelte grandi della vita e, sempre di più, riguarda invece la capacità dei ragazzi di scendere in profondità nella conoscenza di se stessi e nella loro relazione con il Signore Gesù.

Pastorale delle vocazioni, per un ragazzo adolescente, ha a che fare con la possibilità di avere strumenti con cui conoscersi, leggere il proprio mondo interiore, decifrare ciò che sta vivendo nella sua vita, ricevere l’annuncio di un Signore Risorto che ha reso disponibile l’amore di Dio Padre per tutta l’umanità, anche per lui, nelle sue paure e insicurezze, nei suoi sogni e nei suoi slanci di generosità.

Sempre più, inoltre, sta emergendo la difficoltà di coinvolgere i ragazzi in appuntamenti a livello diocesano. La “Diocesi” è qualcosa di troppo distante, di troppo lontano da ciò che conoscono e sempre più emerge la difficoltà a trovare il tempo per una proposta percepita così lontana. Il raggio, l’ampiezza su cui sono disposti a spendersi, è quello delle loro relazioni. Dove non c’è una relazione ad invitare, assecondare, dare credibilità alla proposta, difficilmente ci sarà la disponibilità anche ad una prima adesione.

Trovarci in questo contesto ci ha portato a fare dei ragionamenti anche rispetto alla pastorale vocazionale diocesana per gli adolescenti. Sempre di più vediamo che la fatica spesa per organizzare incontri a livello diocesano e farli conoscere rischia di essere poco fruttuosa dal punto di vista della partecipazione. Un’attenzione che ci sembra sempre più da rinforzare è quella che aiuta il territorio ad avere delle proposte che tengano conto della dimensione vocazionale della fede e della vita e che accompagnino i ragazzi a scoprirla nelle attività che già svolgono in parrocchia: ecco il primo livello che abbiamo chiamato con il verbo “qualificare”, cioè dare qualità, prospettiva, profondità vocazionali nella vita degli adolescenti nelle nostre parrocchie.

Per questo livello l’Ufficio di Pastorale dei Giovani sta cercando di portare avanti don Alberto Sonda alcune proposte che animino, accompagnino e qualifichino ciò che già esiste per e con gli adolescenti nelle nostre parrocchie: incontri formativi per gli educatori, occasioni di incontri per i ministranti, accompagnamento e supervisione delle équipe responsabili della PG e dei grest nelle parrocchie, sussidi da cui poter partire per alcuni incontri con i ragazzi, momenti di riflessione con il Consiglio Pastorale Parrocchiale o con parti più ampie della comunità.

Questo ventaglio di possibilità ricalca la certezza che non può essere il singolo incontro, la singola esperienza che riesce ad animare, stimolare e far crescere la ricerca vocazionale di un ragazzo o di una ragazza, ma solo la ricchezza molteplice di esempi, stimoli e occasioni che una comunità ricca di relazioni può offrire può fare breccia nel cuore dei giovani.

Fin dagli inizi, la fede ha avuto bisogno di una Chiesa in cui essere vissuta, casa dei discepoli del Signore Risorto e grembo capace di generare nuovi cristiani. Anche oggi abbiamo bisogno che le comunità cristiane siano grembo di fede e vocazione per le nuove generazioni, capaci di portare il lieto annuncio in modo vitale e a portata di relazione.

don Alberto Sonda

articolo tratto da Cor Cordis 1/2023, p. 17