Commento a Gioele 3,1-5 durante la Veglia di Pentecoste

di Antonio Varotto

In questo brano dell’Antico Testamento, si annuncia la discesa dello Spirito di Dio, che avrà il suo compimento nel giorno di Pentecoste. Secondo Gioele, in quel giorno ogni uomo, senza eccezioni di genere o di stato sociale, diventerà un profeta e il mondo sarà inondato da questa forza catastrofica. Ma il Signore lascia una via di scampo da questa catastrofe: sarà salvato solo chi invocherà il suo nome e crederà in lui.

Meditando questo brano, mi sono soffermato soprattutto sulle parole iniziali “Dopo questo, io effonderò il mio spirito su ogni uomo” …Cos’è lo Spirito Santo? Come agisce in noi?

Sono due domande che quest’anno mi hanno molto interrogato e cercare di darne una risposta ha segnato uno sparti acque nel mio discernimento. Lo Spirito Santo… è un vento impetuoso? Un brano ascoltato? Un’amicizia? Uno sentimento? Una scelta? Un’illuminazione? E se fossero tutte queste cose?

Ho chiesto di entrare a Casa Sant’Andrea perché ho avvertito un’intuizione dentro di me che mi chiedeva di indagare spendermi in tutto me stesso per un progetto più ampio, per un amore più grande. Non so dire, con certezza, se il Signore mi abbia chiamato veramente – sono sincero – e nessuno di noi credo lo sappia… ma avverto dentro me, una forza che prevale sempre che mi dice: “Dai, Antonio, continua per quella strada, anche se ci sono molte altre cose più appetitose, più piacevoli, più adatte a te”. E questa spinta la sento anche nelle piccole sfide che mi si presentano ogni giorno. Se non fosse per questa forza, forse io avrei già mollato da tempo.

Quest’anno, mi sono reso conto di quanto abbia trascurato la mia fede, quanto io l’abbia resa superficiale e non sia mai andato in profondità nel mistero di Cristo. Sì, sono sempre stato in parrocchia, con varie attività ma il soffermarmi sulla fede e sulla preghiera è una cosa che non ho fatto molto spesso. Mi sono reso conto di aver compiuto molte scelte soprattutto in base alle mie emozioni e al “mi piace/non mi piace”, senza mai interpellare il Signore e chiedere a lui consiglio. Alla fin fine, non mi conoscevo affatto. Con Casa Sant’Andrea sono ridiventato cristiano. Ho riscoperto quali sono i fondamenti della nostra fede, mi sono incuriosito tanto leggendo e approfondendo, la Bibbia, la preghiera, il dialogo con il Signore, l’essere accompagnato, e soprattutto scoprire come lo spirito ha agito e ancora agisce nella mia vita. E questo porta, inevitabilmente, a prendere in mano la propria vita, analizzarla, cambiarla, scoprire cose nuove della propria identità. E in questa identità ritrovata capire se il Signore mi chiama – non tanto se vuoi “diventare” prete, come se si scegliesse un indirizzo universitario o lavorativo – ad “essere” prete, sempre. Anche nelle contraddizioni che a volte sentiamo tra “pancia” e “testa”, tra emozioni e spirito, e che sono a volte molto forti. Provare emozioni è vitale, è fondamentale per la nostra vita, ma costruirci sopra la propria vita, non funziona… Bisogna imparare ad articolare spirito ed emotività.

Quest’anno qui non lo dimenticherò. In questi ultimi mesi, questa quarantena, ho capito che lo Spirito agisce anche con il silenzio, uno sguardo, un tocco, una parola di conforto, un richiesta d’aiuto, un confronto, un dialogo spirituale…

Non so se ho risposto alle domande iniziali, ma questo so: che la nostra vita è un dono, noi siamo figli amati dal Padre e questo nostro essere qui, a parlare di Gesù Cristo dopo 2000 anni, è grazie allo Spirito Santo che è sceso sopra di noi. E, come dice il profeta Gioele, ha scosso il mondo, forse non fisicamente, ma di sicuro a smosso il nostro cuore.