Tanti in questi mesi da quando siamo tornati mi chiedono: «Allora, com’è?».

Mentre Sebastiano e Federico, nostri compagni di classe, a fine agosto sono stati in Brasile, Diego, Francesco ed io al termine del nostro quinto anno formativo abbiamo avuto la possibilità di vivere i primi venti giorni di luglio in Thailandia, ospiti della missione triveneta.

Neanche un mese per conoscere un paese così ricco di storia, tradizioni, vita, è proprio poco. Non poteri dire effettivamente com’è. I nostri sei missionari attualmente lì (Bruno, Attilio e Raffaele di Padova, Giuseppe di Verona, Bruno di Belluno e Francesco di Vicenza) ci hanno messo più o meno due anni per comprendere, leggere e parlare un po’ la lingua Thai, ma penetrare la cultura di un popolo è altra cosa. Entrare davvero nel modo di sentire, pensare e vivere thailandese richiede ben più di qualche anno, forse non basta una vita!

Dunque com’è la Thailandia? Faccio fatica a dirlo, dirò piuttosto come sono i thailandesi, com’è stato il nostro essere lì con loro. La nostra esperienza infatti è stata innanzitutto un incontro di persone, un incontro tra persone, chilometri di strada a bordo dei pick-up pur di raggiungere anche i villaggi più lontani. Le persone che abbiamo incontrato sono state sempre accoglienti, gli abitanti di Bangkok, dove abbiamo trascorso i primi giorni, come i ragazzi ospiti dei quattro centri di ChaeHom, gli abitanti delle colline e dei monti del nord come gli studenti di ChangMai e Lampun. Tutti ci hanno accolto, grati per la nostra visita, desiderosi di conoscere noi e le nostre storie come noi loro e le loro vite.

Ci hanno detto che i cattolici in Thailandia sono circa lo 0,5% della popolazione ma per le parrocchie della missione la religione non è motivo di discriminazione, né l’impegno per l’evangelizzazione è misurato con i numeri. In comunione con la Chiesa locale l’essere missionario, anzi, l’essere cristiano lì si esprime nell’accoglienza e nell’attenzione all’altro, alle esigenze dei poveri, nel dialogo aperto con tutti.

Prima di cominciare il viaggio sentivo dire da chi aveva già avuto l’occasione di andare in Thailandia che quella è la vera frontiera della missione. In un paese dove il vangelo non è dato per scontato, anzi non si può dare per conosciuto nemmeno Gesù Cristo, lì servono veri testimoni. Abbiamo incontrato preti e laici, stranieri e locali, che annunciano Gesù semplicemente con la vita, mostrano la via dell’amore con gesti concreti di rispetto, cura, passione senza inutili distinzioni ma guardando in faccia ciascuno per riconoscerlo come uomo e donna e far sentire ciascuno amato da Dio in modo unico.

L’ostacolo della lingua, le distanze, la cultura diversa e il clima cui non siamo abituati restano, ma credo che la missione come l’abbiamo respirata in Thailandia sia la stessa cui siamo chiamati qui nelle nostre comunità. Siamo andati dall’altra parte del mondo per conoscere la missione, per conoscere la missione che ci aspetta come uomini, come cristiani e come futuri diaconi e preti, qui o altrove, dove il Signore per mezzo del Vescovo vorrà mandarci.

di Stefano Gui