Finalmente ho raggiunto la vetta e dall’alto osservo il cammino fatto. La bellezza di contemplare un sentiero che, come un lungo serpente, si inerpica sulla parete, segnato dai suoi innumerevoli tornanti, è qualcosa che non ha prezzo. Sembra sia stato disegnato da un artista stravagante, che si è divertito a rendere complicata la vita di chi lo deve percorrere. Invece, sappiamo bene che i sentieri sono tracciati in questo modo per agevolare il cammino dell’escursionista, per evitare ostacoli insuperabili e rendere più sicura la via.

Sappiamo che da sempre l’uomo usa l’ascesa di un monte come metafora della vita. Anch’io vorrei sintetizzare il mio cammino come educatore in Seminario per nove anni – 6 al Maggiore e 3 a Casa sant’Andrea – come una lunga escursione che ha raggiunto una vetta, ma che non ha terminato il suo cammino. Sento di essere arrivato ad un rifugio e, dopo un po’ di riposo, mi sto preparando per riprende il cammino verso altre montagne.
Guardando giù mi accorgo solo ora di quanto sia contorto questo sentiero. Finché lo percorrevo ero attento a non mettere un piede in fallo, a misurare le mie forze e accompagnare i compagni di viaggio che il Signore mi aveva affidato. Adesso che questo sentiero mi ha portato in cima, sedendomi a contemplarlo, non posso che ringraziare Dio per il dono che mi ha fatto di aver camminato insieme a tanti amici.
Essere a contatto con chi ha sentito la chiamata di Dio e cerca di discernere la sua volontà è come poter camminare insieme a persone piene di entusiasmo e di energia. Anche se in certi momenti ho sentito la stanchezza, la loro forza mi donava la gioia di non sentirmi mai solo, soprattutto in quei passaggi che sembravano insuperabili.

Inoltre, sempre contemplando il sentiero, mi viene spontaneo ringraziare tutti gli educatori con cui ho avuto la gioia di condividere questa “escursione”.
Accanto a me vedo già il nuovo sentiero su cui mi è stato chiesto di incamminarmi; la voglia di camminare non mi manca e nemmeno la fatica mi spaventa, anche se c’è un po’ di trepidazione, ma la Persona che mi precede e a cui ho affidato la mia vita non mi lascerà solo, come non l’ha fatto in tutti questi anni.

di don Giorgio Bozza