Commento a Esodo 19,3-8a,16-20b durante la Veglia di Pentecoste
di Gabriele Marcon
Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dal paese di Egitto, essi arrivarono al deserto del Sinai. Questa è la tappa più lunga e decisiva del loro cammino e qui sperimentano l’incontro e l’alleanza con Dio. Ora, in questo momento, al popolo viene chiesto di compiere un nuovo passo, non può restare un “bambino” che si lascia condurre passivamente per mano, ma viene invitato a diventare partner di Dio con un patto di alleanza.
Mi riporta questo alla mia storia personale e vocazionale, al mio percorso di crescita e a come è maturato il mio rapporto con Dio. Fin da bambino, grazie soprattutto alla mia famiglia, ho sempre partecipato alla vita della parrocchia, prima come animato e tutt’ora come educatore e collaboratore. Dopo le superiori mi sono iscritto all’università, a scienze dell’educazione, per fare di ciò che mi piaceva e mi coinvolgeva il mio lavoro e alla conclusione degli studi ho iniziato a lavorare in una cooperativa con persone con disabilità.
Mi sono sempre sentito grato e felice della vita vissuta, delle esperienze che ho fatto, delle persone che ho conosciuto e incontrato, una vita molto piena che ad un certo punto andava avanti quasi a sé ed io in questo mi sono adagiato, mi sono lasciato cullare e trasportare. Poi, ad un certo punto mi viene chiesto, vista l’età, vista l’esperienza, visto il definirsi della mia personalità, dei miei valori e del mio credo, di fare e dare una svolta, di agire, di prendermi le mie responsabilità, ho sentito mie infatti e mi son sentito provocato dalle parole di papa Francesco alla GMG di Cracovia: “Il tempo che oggi stiamo vivendo non ha bisogno di giovani divano, ma di giovani con le scarpe. Gesù è il Signore del rischio, del sempre oltre, non è il Signore del confort, della sicurezza e della comodità. Per seguire Gesù, bisogna avere una dose di coraggio, bisogna decidersi a cambiare il divano con un paio di scarpe che ti aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia, quella gioia che nasce dall’amore di Dio”. È a partire anche da queste parole che in me avviene un cambiamento, il desiderio di una ricerca più profonda, mi sento interrogato e chiamato e che anche la Parola di Dio assume un significato diverso, non solo di insegnamento ma anche di guida.
Nel brano appena ascoltato ci sono due aspetti in particolare sui quali mi soffermo: il primo, la figura di Mosè, come figura del mediatore, del portatore della parola di Dio che trasmette la fedele amicizia tra Dio e il suo popolo. Chi è stato per noi quel Mosè? Dio si presenta a noi negli incontri, negli sguardi altrui e sono state queste testimonianze
che hanno profondamente segnato il mio cammino e nelle quali ho sempre sentito che oltre al semplice incontro c’era un qualcosa di più che non erano eventi fini a sé stessi ma avvenivano per un motivo ben preciso. Il secondo aspetto invece è la parola di Dio rivolta a Mosè che fa da introduzione alla narrazione dell’alleanza. Dio in questo annuncio chiama ognuno di noi, ci invita a fermarci a fare memoria al passato, a riconoscere la sua presenza nella nostra storia.
– “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali d’aquile e vi ho fatto venire fino a me”. Sono con te da sempre, ti ho accompagnato, sostenuto, aiutato… Con queste parole Dio ci dimostra un amore carico di premura e tenerezza.
Fa poi un appello al presente:
– “Ora se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza”.
E ora? Il Signore chiede semplicemente l’ascolto della sua voce, non chiede nulla in cambio, solamente una relazione basata sull’ascolto con volontà di custodire la sua amicizia. Dio ci chiama attraverso un paziente percorso di iniziazione alla libertà e alla responsabilità, a una relazione di amore matura con lui.
Infine, nel terzo passaggio si apre al futuro
– “Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”:
Ci svela la sua promessa, la salvezza, una vita in pienezza nel suo nome. Per ognuno di noi Lui ha un progetto, che non sappiamo come si realizzerà ma che possiamo scoprire se ci affidiamo a lui e ci mettiamo in ascolto.
In questo anno di Casa sant’Andrea ho compreso che non è facile rimanere alleati a Dio, rimanere saldi nella fede. La frenesia della vita quotidiana, la ricerca di un piacere, di una felicità immediata, il desiderio di essere riconosciuti, alcuni legami, spesso ci possono portare a pensare anche che non abbiamo bisogno di Dio nella nostra vita o potrebbe per noi assumere un “ruolo” marginale in essa.
Ma ora, con questa promessa, Dio, ricordandoci che noi siamo figli suoi, amati, che è sempre stato presente e che ci ha sostenuto anche nei momenti in cui siamo caduti, anche quando ci siamo allontanati, ci promette che se lo ascoltiamo, se riconosciamo la Sua azione nella nostra storia, se perseveriamo in ciò che crediamo, se ci fidiamo di Lui e di noi stessi, prendendo per mano quelle paure e abbattendo quei muri che ci frenano a dare una svolta, ci dona una vita felice, vera, autentica e in pienezza.