Fin da piccolo il momento della Santa Messa in cui il sacerdote mostra ai fedeli per l’adorazione le specie consacrate mi ha sempre trasmesso una presenza forte del Signore Gesù. Crescendo e maturando maggiore consapevolezza del miracolo che accade ogni qual volta Gesù si rende presente sull’altare ho iniziato a vivere questi istanti della preghiera come un atto di amore che il Signore rivolgeva proprio a me che lo pregavo. Il Seminario mi ha educato alla preghiera con il salterio e le parole del salmo 115 sono state uno fra i passi della Sacra Scrittura che mi hanno maggiormente accompagnato negli anni di preparazione. Mi sono spesso trovato a condividere i sentimenti del salmista, a ricercare quella presenza misteriosa che pur non coincidendo con noi, dice a noi e di noi più di ogni altro. Quel Signore al quale, talvolta per situazioni faticose del vivere, capita di rivolgersi in maniera disperata, quasi convinti che non ci sia più nessuno ad accoglierci, per poi ritrovarsi abitati da Chi ti conosce da sempre. La fiaccola della fede mi ha sempre sorretto e mi ha permesso di leggere nelle difficoltà il disegno di bene che il Signore aveva per me. La tradizione cristiana nell’espressione “calice della salvezza” identifica un riferimento all’eucaristia, al sacrificio di ringraziamento. «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza» (salmo 115). Proprio queste parole, per me, riassumono quei sentimenti di riconoscenza e gratitudine per i moltissimi doni ricevuti da Dio e allo stesso tempo mi aiutano a fare sintesi in queste ultime settimane prima della consacrazione sacerdotale. Chiedo la vostra preghiera, per me, per don Giovanni, per don Pierclaudio e per tutti i seminaristi. Come un aquilone può alzarsi in volo solamente se è tenuto da un braccio forte, così sarà per le nostre vite. Da amici autentici, ricordiamoci a vicenda che solamente se tenuti dal Signore ci è dato di portare frutto.
Don Marco Piva
prete novello