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Seconda tappa: il primo Seminario
Il primo atto della costituzione di un seminarium a Padova fu la nomina, in obbedienza al Concilio di Trento, di quattro commissari deputati a quest’incarico da parte del vescovo Girolamo Vielmi, ausiliare del cardinale Alvise Pisani – titolare della diocesi ma per lo più assente – nel Sinodo diocesano del 17 agosto 1566. Seguì una serie di provvedimenti per dotare l’istituto di risorse economiche adeguate, finché il 29 dicembre 1569 il cardinale Pisani e i commissari scelsero quaranta chierici da accogliere nell’istituto, con un praeceptor incaricato della loro formazione: fu l’inizio effettivo del seminario tridentino nella diocesi di Padova, tra i primi in Italia, ad appena tre anni dalla conclusione del Concilio.
I primi alunni furono individuati sulla base di informazioni fornite dall’arciprete del Capitolo e dai maestri di coro, di grammatica e di canto della Cattedrale, cioè da coloro che da più di un secolo si occupavano di educare i chierici nella chiesa del vescovo, la quale continuò ad avere il proprio gruppo di candidati al sacramento dell’Ordine, talora con maestri in comune con il Seminario. I nomi dei primi seminaristi assegnano gran parte di loro a famiglie della borghesia o di origine oscura, in ossequio al dettato conciliare che pensava a un istituto aperto soprattutto per i poveri, avendo i figli delle classi elevate i propri precettori.
Il fatto che si chiedesse al praeceptor di dedicarsi a quest’incarico a tempo pieno dice l’importanza attribuita alla formazione di questi giovani, che trovavano così nel Seminario non solo una scuola che trasmetteva loro contenuti e nozioni ma un luogo dove erano educati, sia pur ancor giovani e lontani dalla meta, al «ministero del santo sacerdozio» secondo l’ideale tridentino.
I primi alunni cominciarono assai presto la loro vita comune, se già il 20 febbraio 1570 è registrata la notizia che i deputati per il Seminario fecero «lavorar le vesti per gli chierici» e provveder «delle cose necessarie per i vestimenti»; d’altra parte, numerosi provvedimenti di spesa furono dedicati negli anni successivi al Seminario e ai suoi chierici, segno che, per quanto appena nato, il nuovo istituto non era affatto ai margini della vita della diocesi.
Alcuni dei primi allievi li ritroviamo sacerdoti negli anni successivi: spesso i loro nomi sono accompagnati nei documenti dalla qualifica «alunno del Seminario», chiaro segno di appartenenza a un gruppo ben identificato. D’altra parte, il ruolo dell’istituto e la qualità della formazione che vi era impartita erano riconosciuti con chiarezza, tanto da concedere ufficialmente ai presbiteri che vi erano stati educati un titolo di accesso privilegiato per concorrere alle parrocchie rimaste vacanti.
Provvisoriamente alloggiati all’inizio in una casa presa in affitto, i chierici si stabilirono nel 1579 in un nuovo edificio nei pressi del Palazzo vescovile, dove ora sorge Casa Pio X, acquistato e ampliato per lo scopo dal vescovo Federico I Corner.
Poco ancora sappiamo della vita che si conduceva in seminario; nessuna relazione di visita da parte dei vescovi ci è pervenuta. Possediamo invece il resoconto succinto di una rapida ispezione del cardinale Agostino Valier, vescovo di Verona e visitatore apostolico nella nostra diocesi, che l’11 novembre 1583 vi si recò con largo seguito di canonici e sacerdoti. Egli dedicò al Seminario parole ammirate e annotò che vi erano educati trentadue chierici, in una casa di almeno due piani, con annesso oratorio, giudicata «spaziosa».
È pur vero che la maggior parte dei sacerdoti padovani continuava, e avrebbe continuato ancora per lungo tempo, a giungere all’ordinazione senza passare per il Seminario, ma ciò non si deve a un’intrinseca insufficienza di questo istituto; è invece un dato generale e diffuso ovunque, dipendente, fra l’altro, dal fatto che il Concilio aveva ordinato ai vescovi di aprire i seminari ma non aveva obbligato i chierici a frequentarli: a Padova, come altrove, il Seminario rappresentava la via di formazione più adatta, non la più percorsa.
Un altro aspetto merita di essere evidenziato: gli alunni, che dovevano avere almeno dodici anni per poter essere accolti, secondo quanto stabilito a Padova potevano rimanere in Seminario solo fino ai diciassette; cinque anni al massimo, dunque. Molto probabilmente, fino al raggiungimento dell’età canonica per il presbiterato (ventiquattro anni) essi, già insigniti degli ordini minori, erano impegnati fuori dell’istituto in una sorta di tirocinio pratico, di carattere soprattutto liturgico, nella Cattedrale e nelle altre chiese.
mons. Stefano Dal Santo