La Diocesi di Padova è onorata di accogliere il corpo di San Pio X lunedì 16 e martedì 17 ottobre prossimi, e la comunità del Seminario si sente particolarmente coinvolta essendo stato il futuro papa trevigiano alunno del nostro Seminario. Di seguito riportiamo l’articolo “San Pio X in Seminario a Padova” pubblicato lo scorso settembre.


Il 7 dicembre 1914 in Seminario maggiore, mons. Giovanni Battista Girardi commemorava così papa Pio X scomparso quasi un anno prima: «Non si potrà mai parlare di Pio X senza ricordare questo glorioso seminario, in cui egli trascorse gli anni più preziosi per la formazione di un carattere. […] Del Sacerdozio cristiano proprio qui, in questo sacro recinto, egli imparò gli alti significati […] In questa stessa chiesa egli ha passato le lunghe ore nella preghiera, qui egli ha appreso da esperti direttori dello spirito le vie della santità sacerdotale, qui si è iniziato ad annunciare la parola divina, qui ha anche guidato i suoi compagni nel canto liturgico. E nelle nostre scuole egli progrediva rapidamente nelle scienze sacre e profane, ed ebbe a maestri persone dotte e venerande i cui nomi sono in benedizione presso di noi». Un legame forte, dunque, quello di Giuseppe Sarto con il Seminario padovano e difatti da Venezia, dov’era cardinale, egli ricorda il tempo della formazione padovana come gli «anni più belli della sua vita» e da papa accorderà alcuni privilegi spirituali «in segno di gratitudine al Seminario di Padova, al quale lo legano le care memorie dell’educazione ivi ricevuta».

Giuseppe Sarto visse nel Seminario di Padova dal 1850 al 1858, durante il periodo dell’amministrazione austriaca che controllava anche l’impostazione della formazione seminaristica, concependo il sacerdote come un funzionario dello Stato e di conseguenza la sua formazione era finalizzando la sua educazione a questo. Il vescovo di Padova, mons. Modesto Farina, per arginare questa ingerenza statale promosse un ritorno alle regole del Barbarigo per salvaguardare l’identità propria dell’istituto. La formazione dell’epoca la si può condensare nel binomio studio e disciplina.

Ma chi era San Pio X? Giuseppe Melchiorre Sarto nacque a Riese il 2 giugno 1835, secondo figlio di Giovanni Battista e Margherita Sanson, seguito da altri due fratelli e sei sorelle. La famiglia, di condizione modesta, proveniva dal padovano, vicino ad Este, e si era trasferita in provincia di Treviso nel Settecento. Il padre era cursore, cioè messo comunale, mentre la madre sarta.

L’ostacolo maggiore all’ingresso in seminario del futuro Pio X fu la condizione economica della famiglia che non poteva permettersi di sostenere le spese per gli studi del figlio. Il parroco di Riese prese a cuore la faccenda. Egli, formatosi nel Seminario di Padova come chierico erariale, scrisse al patriarca di Venezia mons. Jacopo Monico, nativo di Riese, chiedendogli di assegnare un posto gratuito nel seminario di Padova a Giuseppe Sarto. Giuseppe Sarto fu quindi accolto nel Seminario di Padova, usufruendo di una piazza gratuita alla quale la Diocesi di Treviso aveva diritto.

Al termine di queste provvidenziali peripezie il 13 novembre 1850, a quindici anni, entrò nel Seminario di Padova dove rimase fino alla sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 18 settembre 1858.

La vita in Seminario era tutta regolata da calendari e orari prestabiliti, da tempi di studio, meditazione e riposo: la giornata iniziava alle 5.30, la scuola terminava alle 14, il pranzo alle 14.15, il riposo alle 20.45. C’erano due corsi di esercizi spirituali all’anno e la confessione e comunione quindicinali. Solamente durante il carnevale era lo svago a essere protagonista nelle rappresentazioni teatrali serali allestite dai seminaristi che non ritornavano mai in famiglia durante tutto l’anno di Seminario. Il Sarto tornò in famiglia solo per la morte del padre e per un’epidemia di colera, e altre tre volte per ricevere gli ordini minori.

Giuseppe Sarto durante gli anni di Seminario fu direttore della cappella musicale: aveva studiato già musica insieme al cappellano di Riese e coltivò sempre questa sua passione.

Una personalità complessa, dunque, la sua. Si trattava di un seminarista non diocesano: eppure superiori e compagni gli testimoniarono la loro stima affidandogli incarichi di fiducia, che egli sempre disimpegnò con riconosciuta abilità e superiore prudenza.

Negli studi risultò eminenter semper e senza eccezioni il migliore. Fu prefetto di camerata per cinque anni, su otto che passò in Seminario, dal terzo anno in poi. Grande la sua capacità di giudizio, di esprimere valutazioni, con precisione e abilità. Era vivace ed esuberante e l’adeguamento alla disciplina non gli fu automatico. Si trovava bene con compagni e superiori perché accomodante e accondiscendente. Amava la propria libertà, prediligeva la stanzetta personale al dormitorio e il passeggio con un compagno a quello in fila e in gruppo.

Abitudini di un seminarista che sarebbe diventato papa e la Chiesa avrebbe poi dichiarato santo.

Articolo della Rivista del Seminario, Cor Cordis 2023/3

don Davide Zaffin
economo del Seminario