di Nicoletta Masetto, giornalista, in La Difesa del Popolo 12/12/2025

Arrivano da tutta la Diocesi, anche dalle parrocchie più lontane, dal lavoro o dall’università, chi in bici, chi in treno o in auto con altri coetanei. Più di trecento a ogni incontro, una volta al mese nella chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino, quartiere Guizza a Padova. Sono i giovani della Scuola di preghiera seguita dalle équipe degli uffici di Pastorale dei giovani e delle vocazioni, oltre che da una squadra di giovani volontari. Partecipano non a una due-giorni intensiva full immersion, bensì a un itinerario volutamente “lento”. Una proposta che, in controtendenza rispetto a un tempo in cui tutto viaggia iperveloce e senza soste, richiede invece di rallentare, fermarsi e respirare davanti a Gesù.
«Pregare e far pregare è stimolante e l’unico percorso possibile non può che essere senza fretta» afferma don Mattia Francescon, 38 anni, responsabile dell’ufficio per la Pastorale delle vocazioni e direttore di Casa Sant’Andrea.
Don Mattia, i numeri, ma non solo, raccontano di giovani “affamati” di preghiera. È così?
«C’è davvero un’inattesa, profonda fame di preghiera. I giovani avvertono l’urgenza di appartenere a qualcosa di ben più grande, che li spinga oltre il proprio percorso personale».
Cos’è la preghiera oggi?
«È un atto di coraggio. Nell’epoca della velocità, della gratificazione immediata, della fretta, dei mille stimoli continui, delle reazioni istintive, dell’intrattenimento spensierato, della passività nel virtuale, la preghiera è quel tempo scelto con coraggio per Dio, un tempo rallentato, un tempo difeso e dedicato a Dio. Distinguerei il tempo delle attività quotidiane vissute in comunione con Dio, cioè tante responsabilità e tanti impegni durante il giorno vissuti con il pensiero che spesso va a Dio, da un tempo esclusivo per Dio e con Dio. Il secondo è un tempo in proporzione molto minore ma…