Con l’intento di promuovere la comune riflessione sul futuro del nostro Seminario, in apertura di Cordis pubblichiamo la lettera che il vescovo Claudio ha inviato lo scorso 14 marzo ai componenti del Consiglio presbiterale, del Consiglio pastorale diocesano, del Consiglio diocesano per la gestione economica e del Collegio dei consulenti, oltre ai vicari foranei, in merito alla richiesta dell’ESU e dell’Università di Padova – discussa dai vari organismi nei giorni precedenti – di poter avere la struttura del Seminario maggiore in comodato d’uso per trent’ anni.

Carissimo/a,

grazie per il tuo contributo di pensiero, di preghiera e di vicinanza nell’aiutare me e il rettore del Seminario a valutare una proposta così importante come quella rivoltaci dall’ESU unitamente all’Università di Padova (cessione trentennale in comodato d’uso gratuito del Seminario con ristrutturazione), e ad assumere ora le successive decisioni. Mi sono subito reso conto che essa a toccare il cuore della nostra storia e della nostra identità ecclesiale. Con l’ampio processo di consultazioni svoltosi la scorsa settimana, ho percepito una Chiesa che vuole davvero bene al Seminario e alla Diocesi. Sebbene per discrezione abbia evitato parole come “discernimento”, “sinodalità”, “preghiera”, ho avvertito che erano le sensibilità di fondo presenti in me e in voi. A me spetta ora la responsabilità di portare a compimento questo processo e di esprimere la parola definitiva a nome della nostra Chiesa. Nel farlo, non posso esimermi dal considerare l’impatto della decisione su quanti ne sono coinvolti, in primis i seminaristi, gli educatori ei presbiteri residenti nel Seminario.

La mia parola desidera essere quella del pastore che ha un cuore l’unità della Chiesa, l’unità per la quale il Signore ci convoca sempre, in particolare nell’Eucaristia, e per la quale continua a donare sempre tutto sé stesso. D’altro canto va tenuto presente che la dimensione del Seminario insieme alle sue fragilità dovute allo stato manutentivo, all’insostenibilità della gestione ordinaria e alla grave posizione debitoria maturata negli anni chiedono una riflessione e delle scelte per senso di responsabilità verso il debito presente e ancora più verso il futuro.

La proposta dell’ESU ha aperto una possibile soluzione, carica anche di forti valenze sociali, che permetterebbe di affrontare almeno la domanda della messa a norma e del restauro dell’intero complesso del Seminario, tra cui la Biblioteca, con l’opportunità di continuare a usufruire di alcuni ambienti, sollevandoci dal peso di mantenere la struttura. Inoltre, sul piano educativo, la possibilità di ripensare la sede fisica del Seminario, favorirebbe anche una rivisitazione della proposta formativa.


Sono anche pienamente consapevole che il fattore “tempo”, dati i ristretti che termini ci sono stati posti, influenza non poco nelle valutazioni: maturare una scelta così radicale, nelle dinamiche ecclesiali, richiede maggior
tempo di riflessione. Pertanto, tenendo conto di tutte le considerazioni emerse e dell’esito dei voti dai singoli, non è possibile rispondere affermativamente all’attuale proposta dell’ESU.

Tuttavia, proprio per la stima, il riconoscimento e l’affetto che ho percepito nei confronti del nostro Seminario, “cor cordis” della Diocesi, mi sembra doveroso non tacitare l’allarme che questa circostanza ha fatto risuonare in tutti noi, permettendoci di prendere piena consapevolezza di una già conosciuta, ma che forse si pensava meno grave o comunque risolvibile. Questi sentimenti nei nostri seminario ora devono essere comparati con le riflessioni strutturali, gestionali ed economiche emerse nel corso delle consultazioni, per evitare superficialità o, peggio ancora, mancanza di responsabilità. Avere riflettuto sui due grandi filoni emersi e non rinviabili — la situazione economico-strutturale e la dimensione formativo-educativa — rende necessario aprire immediatamente un ulteriore serio percorso che richiederà un impegno ancor maggiore da parte di ciascuno. In questo modo l’unità e la comunione assumete piena concretezza, nel ricercare, maturare e portare insieme avanti le scelte di oggi e di domani.

Avvertiamo l’urgenza di osare una dignitosa e sicura ospitalità a chi vive in Seminario e di proteggere i tesori che San Gregorio Barbarigo ei suoi successori ci hanno consegnato, secondo autentico un principio di giustizia (pieno adeguamento alle disposizioni normative) e un principio di sobrietà (saggio ed equilibrato uso dei beni terreni per un bene più grande).

A queste premesse, vorrei far seguire e con tutti voi delle indicazioni molto concrete che osano loro realizzazione: – – Dotare urgentemente il Seminario di uno Statuto che disciplina puntualmente gli organi di governo e di gestione. – Subito dopo l’approvazione dello Statuto il vescovo nominerà il consiglio di gestione dell’Ente, conforme alle previsioni statutarie, cui spetterà anche individuare delle proposte alternative a quella presentata dall’ESU, altrettanto realistiche e realizzabili. – Il Seminario curerà la redazione di un bilancio allineato ai criteri contabili adottati dalla Diocesi, da annualmente. – Il Seminario effettuerà la verifica dell’intero suo patrimonio immobiliare, così da ottenere una visione chiara sullo stato manutentivo, sulla rispondenza alle norme vigenti, sugli interventi urgenti da effettuare. — Si raccoglieranno e vaglieranno proposte e suggerimenti relativi all’utilizzo della struttura, tesi anche a produrre reddito per affrontare i costi di ristrutturazione e manutenzione e sostenere la gestione del Seminario. In questa prospettiva, si dovrà considerare anche l’opportunità di valorizzare le opere d’arte in esso custodite.

Inoltre allargando lo sguardo alla comunità diocesana invito a:


– Verificare la nostra presenza nel mondo della cultura della nostra città e del nostro territorio.
La storia e la tradizione ci hanno consegnato tesori di inestimabile valore e di enorme interesse dei quali non possiamo essere semplici custodi, ma siamo chiamati a metterli a disposizione di tutti. Il patrimonio culturale di cui siamo in possesso può generare dialogo con la città, favorire occasioni di confronto e di reciproco arricchimento.

– Prendere in considerazione la richiesta di una rivisitazione della formativa al ministero presbiterale. Il Seminario, nato dopo il Concilio di Trento per la formazione dei sacerdoti, ha svolto in modo encomiabile questa sua vocazione, sapendo sempre rispondere alle esigenze delle varie epoche. Nei secoli, cambiando la società e mutando conseguentemente i modelli di Chiesa, anche la dei futuri presbiteri è stata più volte ripensata. Proprio perché il Seminario ha saputo reinterpretarsi rispetto alle esigenze dei tempi, è risultato all’altezza del suo compito. Anche quello che stiamo attraversando è tempo di veloci e radicali cambiamenti: le tante sfide di cui è portatore vanno interpretate come le reali condizioni della missione pastorale.

Tra queste sfide emergono: l’apertura missionaria e la convivenza con persone di culture e religioni diverse; il grande mondo della comunicazione; la sfida tecnologica e mass-mediatica; il dialogo doveroso ma non sempre facile con la scienza che, a volte, sembra un ruolo assoluto.


– Ripensare lo stile del servizio pastorale dei presbiteri, i quali devono sempre più a che fare con comunità adulte ed esigenti.
Formare ministeri ordinati che sappiano proporsi come guide spirituali, insegnare il ministero del discernimento vocale di giovani e di adulti, presiedere senza imporsi, costruire e ricostruire nella riconciliazione relazioni autenticamente evangeliche, nominare alla partecipazione e alla comunione per edificare
comunità aperte: sono solo alcuni dei tratti che potrebbero assumere un nuovo progetto formativo del Seminario.

Non possiamo infine dimenticare che:


– In questo contesto, il volto delle stesse comunità cristiane sta cambiando.
Il ristretto ambito costituito da chiesa, campanile, canonica e centro parrocchiale, pur rimanendo ancora importante, non rappresenta più il principale luogo di incontro. A partire da questo dato di fatto, dobbiamo chiederci quali ministeri — pensando a quelli cosiddetti “laicali” — siano necessari all’evangelizzazione e al servizio delle persone del nostro territorio, e quali “ministri” — pensando a quelli ordinati, presbiteri e diaconi — può e deveno essere formati dal Seminario di oggi e di domani. Senza trascurare la presenza nella nostra realtà diocesana di molte donne e di molti uomini di vita consacrata, con cui va ricercato un dialogo ancora più costruttivo.

– La stessa Facoltà Teologica del Triveneto, alla quale abbiamo offerto i nostri spazi facendoci carico come Seminario di molti costi, ritenuta uno dei motivi che giustificano il permanente in loco della comunità del Seminario, potrebbe aiutare a un lavoro di formazione culturale e pastorale ancora più efficace. Nel dialogo con la cultura del nostro tempo, abbiamo sempre più bisogno di una preparazione fondata teologicamente che ispiri prassi e trasformazioni pastorali. In questo modo, il Seminario potrà rinnovare la sua tradizione formativa, diventando punto di riferimento per la maturità e l’accompagnamento dei ministeri necessari alla vita delle comunità cristiane: lettorato, accolitato, ministeri e carismi legati all’annuncio, alla catechesi, alla carità .

Sono consapevole che queste indicazioni rappresentano soltanto i primi passi di un lungo percorso. Può darsi che nel prossimo futuro si aprano nuove prospettive che ci permettano di rinvenire le risorse necessarie per la non procrastinabile ristrutturazione dell’immobile oppure che ci si trovi costretti dai fatti anche a scelte più radicali. Molto dipenderà anche dalla misura in cui ciascuno di noi si sentirà chiamato in causa, come sopra ho abbandonato. Per il momento, dunque, rinunciamo alla proposta dell’ESU, grati non solo per essere stati interpellati, ma soprattutto per l’occasione di assunzione di consapevolezza e per le prospettive di ripensamento che ci ha aperto. La fatica di questi giorni, la pazienza dell’ascolto e del confronto, certamentebenedetti dal Signore, ora sostituire di non essere sprecati e auspico possono diventare nuova linfa per la vitalità della nostra Chiesa, indispensabile per il tempo sinodale che ci sta di fronte.

(Articolo tratto dal Corcordis di maggio 2022. Per altri articoli visita la pagina dedicata )