Il mese di ottobre per la Diocesi di Padova è il tempo in cui si vive solitamente il Rito di ordinazione di nuovi diaconi, gli alunni del Seminario Vescovile che prima di accogliere la missione del Presbitero si educano al servizio proprio del Diacono. La Pastorale delle Vocazioni dedica questo mese perciò alla chiamata e alla missione del Diaconato.
Vito Ometto, dell’Unità Pastorale di Campo San Martino, condivide di seguito un aneddoto del servizio che svolge presso il carcere di Padova, episodio che ha fatto sorgere in lui una riflessione sulla sua vocazione.
Sto partecipando insieme al cappellano alla celebrazione della seconda Messa domenicale presso il carcere circondariale di Padova, osservo e incrocio gli sguardi degli ospiti che oggi in modo particolare sono numerosi. Tutti attenti, collaborativi e partecipi in modo sorprendente dei canti, e questo rende la liturgia bella e gioiosa. Anche perché i canti oggi sono accompagnati da ben due chitarre! Guardo il don, poi la suora che fa parte della cappellania, i volontari che animano la Messa, e penso alle vocazioni con cui Dio chiama tutti, donne e uomini, vocazioni molteplici e varie. Faccio un altro pensiero: tutte le risposte vocazionali, anche se molto diverse tra loro, hanno pari dignità e sono preziose. Penso ad esempio alla mia vocazione e a quella dei miei compagni di ministero: il diaconato.
Come è la vocazione del diacono? Come dovrebbe essere? La associo a tre parti del corpo: cuore, mani e piedi. Cuore, perciò, amore con cui svolgere il proprio servizio per la Chiesa e per il mondo. Mani, elevate verso il cielo nel segno della preghiera e rivolte ai fratelli che si trovano in difficoltà. Piedi, che partendo dall’altare ci portano a camminare, fuori dalle sacrestie, a fianco di coloro che attendono il nostro aiuto.