Il 5 aprile 1698 veniva aperto il testamento di Gregorio Barbarigo: il Seminario di Padova era nominato erede universale dei suoi beni. Non ci si deve stupire troppo: il vescovo Gregorio si era speso senza posa per il Seminario, persuaso com’era che per avere preti dotti e santi fosse necessaria un’adeguata formazione. Non era solo una convinzione pastorale; aveva veramente a cuore i giovani chierici e il loro cammino tanto da scrivere che «il Seminario è l’unico spasso che trovo tra le spine del governo episcopale».

A 350 anni dalla rifondazione del Seminario operata dal Barbarigo, alcune sue intuizioni hanno ancora qualcosa da dire ai seminaristi di oggi. Le Institutiones, il regolamento per il rinnovato Seminario, iniziano evidenziando le due principali caratteristiche da ricercare in un pastore di anime: la bontà e la dottrina.

Sulla bontà fu per lui illuminante un passo delle 24 verità di p. Giuliano Hayneufve, testo che meditò con costanza per una cinquantina d’anni: «Noi operiamo più fortemente con la mansuetudine dell’animo che non con l’impeto e il furore del nostro spirito». Non a caso papa Francesco ha ricordato proprio questo aspetto nell’omelia inaugurale del suo pontificato, parlando della comune vocazione dell’uomo come custode: «Non dobbiamo avere paura della bontà: il prendersi cura, il custodire chiede bontà».

Sulla dottrina, il Barbarigo diede grande impulso agli studi dei seminaristi. Ricercò con cura buoni professori ed educatori, e dotò il Seminario di tre nuovi strumenti: la biblioteca, la specola, la tipografia. In questa scelta possiamo leggere tre importanti indicazioni:
• la biblioteca dice attenzione al passato. Il mondo non inizia con noi: c’è una storia che ci precede, come singoli e come comunità. Storia che va conosciuta, accolta, rispettata.
• la specola, creata un secolo prima dell’Università, dice spirito di osservazione. Sempre si corre il rischio di rifugiarsi nei propri schemi o peggio in universi paralleli che non intersecano la realtà della vita delle persone. Essere capaci di cogliere i segni dei tempi, le tracce di Dio nel mondo in cui viviamo.
• la tipografia dice apertura: stampò libri per lo studio delle lingue orientali (greco, ebraico, arabo, persiano) per formare i seminaristi sul versante biblico e missionario. Prepararsi con cura per poter portare a tutti la buona notizia.

Alle soglie di un nuovo anno formativo facciamo quindi nostra la preghiera di S. Gregorio e chiediamo al Signore «un intelletto largo, ma perso nella sapienza eterna; una volontà grande, ma persa nella provvidenza divina; un cuore magnanimo, ma tutto nella potenza di Dio».

Davide Ciucevich